Le vecchie marche da bollo valgono oro in quanto autentiche rarità. Ciò che è storia e di difficile reperimento ha sempre un pregiato valore aggiunto, quello che trasforma anche comuni oggetti in elementi d’antiquariato; tali da essere ricercati e spesso collezionati.
Gli intenditori possono riservarsi il piacere della propria raccolta oppure esporla come ad esempio su uno scrittoio antico, così da creare un angolo d’antiquariato che abbina elementi di valore.
Proprio in virtù di quest’ultimo, è utile conoscere meglio le marche da bollo, con la loro storia e continua evoluzione nel tempo. Ed è interessante chiedersi quale sia il relativo valore, da cosa dipende, come influisce nelle quotazioni. Tutto ciò serve ad avere un’idea più chiara di quanto valgono le vecchie marche da bollo.

La storia delle marche da bollo


Le marche da bollo hanno una lunga storia, anche abbastanza mutevole: si evolve a seconda del luogo e degli anni, assume valore e forma diversa, attraversa periodi di abolizione ed altri di diffusione.

La derivazione del termine “marca” è tedesca: “märke”, col significato di limite, confine. Infatti, in epoca carolingia le circoscrizioni politiche e amministrative avevano un perimetro ben delineato; oltrepassarlo per entrare o uscire dalla marca (il proprio territorio) aveva un costo. Ogni cittadino era tenuto a documentare l’identità personale e le merci possedute e, soprattutto, a pagare un tributo.
La marca da bollo nasce proprio così, come tassa da versare per attraversare il confine territoriale.

Ma la sua origine a livello concettuale è ancor più datata. Già nell’Impero romano, Giustiniano aveva proposto che gli atti ufficiali dovessero essere redatti solo in carta attestante il nome del funzionario della cassa imperiale. Tuttora la marca da bollo ha funzione di convalida di atti e documenti pubblici, tramite pagamento dell’imposta.

La sua diffusione è stata abbastanza rapida. Nel ‘600 la marca da bollo compare negli ordinamenti tributari di Campania, Lombardia, Toscana e Spagna; non in modo inosservato. Infatti, l’introduzione ha scatenato numerosi tumulti, come può accadere con l’imposizione di nuove imposte. In ogni caso, nello stesso secolo, anche Inghilterra, Francia, Piemonte e a Genova hanno vissuto l’introduzione della marca da bollo, con giustificazioni diverse come i crescenti costi di guerra.

Per quanto riguarda l’Italia, le prime leggi che introducono e regolano l’utilizzo delle marche da bollo sono del 1862 (n. 586 del 21/4/62 e la n. 949 del 14/9). L’anno successivo è quello in cui il loro uso entra definitivamente in atto; il 1911 è invece quello in cui viene esteso anche le colonie africane del Regno d’Italia.

Nel corso del tempo alcuni Paesi hanno deciso di abolire la marca da bollo, chi in modo definitivo come la Germania (1991) e chi parzialmente come l’Austria (2002).

Dal settembre del 2007 poi cambiano forma: dopo un paio d’anni di transizione graduale, le marche da bollo diventano autoadesive. Potevano essere rilasciate da esercizi autorizzati o dall’Agenzia delle Entrate per via telematica.
È proprio da questo momento che le vecchie marche da bollo diventano oggetto di interesse per collezionisti o storici, e ancor più negli anni successivi: quelli della definitiva dematerializzazione.

Infatti, nel 2014 le marche da bollo diventano digitali e vengono emesse da siti autorizzati dall’Agenzia delle Entrate. Quelle tradizionali escono di scena, diventano storia e accrescono il proprio valore.

Il lascito di questi oggetti ha anche una dimensione culturale, al punto che viene coniato un termine: “fiscalfilia”. Il neologismo indica la disciplina che si occupa di analizzare le marche da bollo e la carta bollata. In Italia il suo massimo esponente è Fortunato Marchetto: la sua raccolta di libri include documentazioni e storia del pagamento fiscale.

Il valore delle vecchie marche da bollo: quanto valgono


Le vecchie marche da bollo hanno un valore legato a più aspetti.
Innanzitutto, si tratta di un oggetto fuori produzione; la rarità e scarsità di un bene è uno dei fattori che ne determina il valore, anche economico.
Un altro è relativo alla storicità: le vecchie marche da bollo conservano una dimensione culturale che appartiene alla società e alla storia.

Per quanto riguarda il loro valore facciale, nella Repubblica italiana è andato regolarmente aumentando col tempo. Dal 1974 al 1976 esso corrispondeva a 700 lire, per più che raddoppiarsi nel biennio successivo e continuare ad aumentare. Dal 1987 al 1990 il valore facciale era di 5000 lire; dal 1996 al 2002 di 20000 lire. L’andamento crescente prosegue anche con il cambio di moneta, partendo da 10,33 euro fino ad attestarsi a 16 euro.

Il valore delle vecchie marche da bollo in quanto oggetti d’antiquariato non è allo stesso modo preciso e definitivo. Esso può variare con le quotazioni degli esperti e le proposte dei collezionisti. Sicuramente non si possono trovare a costi inferiori rispetto al valore nominale della marca da bollo in questione; al contrario, l’antiquariato viene generalmente stimato in modo crescente con l’avanzare del tempo. Infatti, il periodo storico e la rarità di un oggetto ne accrescono il valore.

Quindi, a parte questi fattori che aiutano in una stima, non esiste una misura predeterminata e sempre valida per stabilire quanto valgono le vecchie marche da bollo. Ciò dipende soprattutto dalle intenzioni di spesa; probabilmente un collezionista appassionato è disposto a spendere cifre molto elevate per un elemento raro e difficile da trovare.Infatti, le vecchie marche da bollo possono valere molto. Molto apprezzate sono, ad esempio, quelle rare per radiofonia, contratti di borsa, cambiale, patente di guida; più alto è il loro valore facciale e più elevato sarà il prezzo di rivendita.
Tra le più ricercate vi sono quelle emesse dal Regno d’Italia, con il profilo di VittorioEmanuele III, quelle della regina Elisabetta II, molte della quali con la dicitura “Postage & Revenue”, o anche quelle con l’Aquila Sabauda.